Un mercato senza regole e senza etica

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Un mercato senza regole e senza etica

Messaggioda interventonellasocieta » 04/10/2014, 5:16

Un mercato senza regole e senza etica

La Bank of America è stata multata per 16,65 miliardi di dollari, oltre metà li pagherà in contanti e il resto in riduzioni dei mutui. E' la più grande sanzione mai pagata da una società statunitense indagata dalle autorità. JP Morgan, l'altra grande banca di investimento, aveva pagato un'analoga multa di 13 miliardi alla fine dell'anno scorso, sempre per mutui subprime. Citigroup, dal suo canto, già ha accettato di pagare 7 miliardi.
Contemporaneamente per lo scandalo del “Libor” il colosso britannico Lloyds Banking Group dovrà versare alle autorità americane e britanniche una multa da 370 milioni di dollari per il suo ruolo nella manipolazione degli indicatori dei tassi di interesse globali. Barclays, Rbs e Ubs ed in pratica tutta l'alta finanza internazionale dovranno pagare alle autorità del settore un conto ormai superiore ai due miliardi.
Per questo scandalo un prezzo altissimo lo ha pagato la Barclays sia in termini economici con una multa che nel complesso sfiora il mezzo miliardo di dollari sia come struttura dirigenziale che è stata letteralmente decapitata.
Ma anche Ubs pagherà per lo scandalo a tutte le autorità di regolamentazione 1,5 miliardi.
Mentre 612 milioni è la sanzione pagata da Royal Bank of Scotland (Rbs) per le analoghe accuse di manipolazioni dei tassi interbancari.
Recentemente la Federal Deposit Insurance Corporation, l'organismo federale USA che assicura i depositi bancari e rileva gli istituti in crisi, ha presentato ricorso presso il tribunale di Manhattan contro sedici grandi banche internazionali – statunitensi, europee e giapponesi – accusandole di aver manipolato l'indice Libor e di aver causato ingenti perdite ad almeno dieci gruppi finanziari americani poi falliti.
Dopo lo scandalo scoppiato a Londra che riguardava il Libor, è stata la volta dell'Euribor, l'equivalente del Libor per la zona euro.
Barclays ha manipolato il tasso d'interesse e quattro istituti avrebbero strettamente collaborato con la banca inglese: Deutsche Bank, Crédit Agricole, Société Générale e Hsbc.
Eppure segnali di violazione di regole e di manipolazioni già c'erano stati anni prima, se si ricorda che non fu solo Tim Geithner a inviare, quando era alla guida della Federal Reserve di New York, nel giugno del 2008, una e-mail all'indirizzo di Threadneedle street, la banca centrale britannica, denunciando la sospetta truffa. A dare il via era stata la Banca dei regolamenti internazionali (BRI) con un report del marzo 2008 che esprimeva perplessità sulla validità del tasso interbancario. Infine, a giugno 2008, un sondaggio di Financial markets association svelò che l'82% dei banchieri intervistati riteneva il Libor un tasso non affidabile. Proprio per questo nel 2012 la Commissione Tesoro del Parlamento britannico sullo scandalo Libor, non solo criticò Barclays e le altre banche coinvolte nella manipolazione del tasso interbancario ma lanciò strali anche contro la Banca d'Inghilterra, definita “ingenua”, e contro la Financial Service Authority (Fsa), che aveva fallito nel suo compito primario di vigilanza.
Quindi almeno a partire dal 2007, due dei tassi chiave per la definizione quotidiana dei contratti sui mercati finanziari - il Libor e l'Euribor - sono stati sistematicamente manipolati, e di ciò sarebbero stati a conoscenza, come è dimostrato, anche esponenti di vertice sia della Banca d'Inghilterra che della Fed statunitense.
La vicenda è l’ennesima dimostrazione di come istituti di credito e società finanziarie abbiano agito impunemente in tutti questi anni.


Nel lungo elenco di banche ed istituti finanziari coinvolti nella manipolazione dei tassi Libor ed Euribor non ci sono banche di casa nostra anche perché per fortuna o per buona prassi o per maggior prudenza non avevano operato, nella maggior parte, in titoli tossici.
Purtroppo, però, le manipolazioni, gli scandali e le malversazioni non riguardano solamente i tassi d'interesse ma toccano tutti i vari settori finanziari (le assicurazioni) e persino i prezzi delle materie prime. Infatti le autorità britanniche hanno accertato che tredici delle maggiori banche hanno deliberatamente ingannato milioni di clienti, vendendo loro polizze assicurative contro il furto di identità o le frodi sulle carte di credito pur sapendo che erano inutili e superflue.
La Financial Conduct Authority, supervisore finanziario britannico, ha recentemente inviato ispettori negli uffici londinesi della banca francese Société Générale, che guida come presidente il «club» delle cinque banche coinvolte nel cosiddetto «London fixing»: Société Générale, Barclays, Deutsche Bank, Bank of Nova Scotia e Hsbc si riuniscono via «conference call» per effettuare acquisti e vendite di oro.
Si tratta di un mercato - quello dell'oro - da oltre 20mila miliardi di dollari e che viene definito con le stesse modalità da oltre un secolo; dal 2004, le predette banche avrebbero manovrato a proprio vantaggio il fixing.
Contemporaneamente si è aperto negli USA un nuovo fronte giudiziario per il mercato dell'argento. Alla corte distrettuale di New York è stata depositata l'ennesima causa per sospetta manipolazione. Sul Banco degli imputati 'come al solito' Bank of Nova Scotia, Hsbc e Deutche Bank che dovranno rispondere di aver manipolato il fixing dell'argento.
Persino lo zinco è materia di speculazione, infatti si allarga il campo delle azioni giudiziarie intentate negli Stati Uniti contro il London Metal Exchange (Lme) e le grandi banche e società di trading.
Ma queste manipolazioni non sono le uniche, perché l'authotity inglese dei mercati sta indagando anche sui tassi di cambio delle valute, cioè su un mercato da 4,7 mila miliardi di dollari (diconsi quattromila miliardi e settecento milioni di dollari), il più vasto e meno regolato, su cui la Financial conduct authority sta cercando di fare chiarezza.
Il mercato Forex delle valute è costituito da centinaia di operatori, ma solo quattro, Deutsche Bank, Citigroup, Barclays e Ubs, da soli muovono il cinquanta per cento del business.
In Germania anche la Bafin, l'organo di controllo dei mercati finanziari tedeschi, ha reso noto di aver scoperto «chiare prove di tentativi di manipolazione» del mercato dei cambi e di aver avviato una vasta inchiesta. L'inchiesta, secondo la Bafin, è molto più grande di quella sulla manipolazione del tasso di riferimento del mercato interbancario del Libor.
Per questo in Europa il Financial stability board di Basilea ha proposto di istituire una piattaforma centralizzata e globale al fine di cercare di cancellare le pesanti ombre che oscurano le operazioni sui cambi, incrociando domanda e offerta a un’ora fissa della giornata. A gestire un meccanismo del genere dovrebbe essere un ente senza scopo di lucro del tutto separato dal mondo delle banche e degli operatori che possono avere interesse sul corso dei cambi.
Purtroppo, però, la serie degli scandali e delle truffe non si ferma ai mutui subprime, ai titoli tossici, alle manipolazioni dei tassi e dei cambi, all'“aggiustamento” dei prezzi dell'oro, dell'argento, dello zinco e di altre materie prime, ma si allarga a macchia d'olio al riciclaggio, al finanziamento al terrorismo, al sostegno ai Paesi sotto embargo, alle transizioni con i narcotrafficanti, all'abuso di posizione dominante, all'evasione fiscale e chi più ne ha più ne metta.
Bnp Paribas è stata multata per aver violato le sanzioni contro Iran e Sudan. Ci sarà una multa salatissima: tra gli 8 e i 9 miliardi di dollari (8,834 miliardi di dollari). Secondo gli investigatori americani, la filiale svizzera di Bnp Paribas avrebbe nascosto operazioni per 30 miliardi di dollari, riguardanti contratti petroliferi legati a società e aziende governative sudanesi. Dello stesso reato sono accusate, la tedesca Commerzbank e poi la connazionale Deutsche Bank ed anche i colossi finanziari Société Géneérale e Crédit Agricole e forse anche i Unicredit perché la sua controllata tedesca HypoVereinsbank, oggi chiamata UniCredit Bank Ag, è sotto inchiesta per aver violato le sanzioni fornendo servizi finanziari a un gruppo di trasporto marittimo sotto embargo perché usato da Teheran.
Ora le autorità americane puntano su Commerzbank. Potrebbe avere violato sanzioni imposte dagli Stati Uniti su certi Paesi, trasferendo denaro attraverso le sue attività americane per conto di società con sede in Iran e Sudan. Si parla di una cifra di almeno 500 miliardi di dollari. Eppure il governo del cancelliere Angela Merkel ha una quota del 17% in Commerzbank.
Anche il Credit Suisse, il gigante bancario elvetico ha registrato nel secondo trimestre 2014 una perdita di 700 milioni di franchi, per la conclusione della vertenza fiscale negli Usa, che ha comportato per la banca, accusata di aver aiutato clienti nell'evasione, sanzioni per 2,5 miliardi di franchi.
Poi c'è Standard Chartered, ha dovuto pagare 670 milioni di dollari per aver aggirato l'embrago americano in Iran. Hong Kong Shangai Bank ha dovuto versare 1,9 miliardi per mettere a tacere gli inquirenti americani che avevano accertato che erano transitati ben 7 miliardi di dollari dei narcotrafficanti.
Nonostante questi precedenti le bolle americane cominciano a gonfiarsi pericolosamente di nuovo, esattamente come sette anni dopo l'esplosione di quella sui mutui immobiliari subprime che procurò la Grande recessione mondiale. C'è quella dei prestiti a creditori spesso poco affidabili sulle automobili (905 miliardi di dollari di debito complessivo), quella dei prestiti d'onore agli studenti universitari (1.100 miliardi di dollari con tassi di mancata restituzione che viaggiano intorno all'11%), quella sui titoli biotech e quella sui social network. E di nuovo quella immobiliare. Solo un dato ci sembra significativo e preoccupante: i derivati in circolazione attualmente ammontano a 720.000 miliardi di dollari mentre prima della crisi erano 670.000!!
Alla luce di tutte queste operazioni illecite occorrerebbe perciò una regolamentazione vincolante e stringente per evitare di ricadere negli errori passati. Invece è stata rinviata di due anni, su pressione delle grandi banche, l'entrata in vigore di una nuova norma che prevede lo scorporo in una controllata separata delle attività nei derivati più rischiosi, la cosiddetta “swaps push-out rule” prevista dalla riforma finanziaria Dodd-Frank del 2010. Le banche avranno tempo fino al luglio del 2015 per rispettare la legge. Nel 2008 la Grande Crisi, nasce dalla mancanza di regole bancarie. Eppure finora la montagna ha partorito un topolino: la Volcker Rule negli Stati Uniti, il Rapporto Liikaneen nell'Unione hanno fatto piccolissimi passi.
Ma perché a distanza di quasi cinque anni dalla peggiore crisi finanziaria dopo gli anni '30, e di quattro anni dalla promulgazione negli Stati Uniti delle riforme finanziarie, si sono fatti così pochi passi avanti?
Anzi, le banche più grandi sono diventate ancora più grandi e sempre “troppo grandi per fallire”.
La verità è che le autorità cui tocca varare ed applicare le riforme del settore finanziario in realtà non vogliono le nuove regole, perché la politica non ha forza di imporle confronti delle grandi banche.
Eppure dovrebbe risultare chiaro che tutto quello di negativo e di drammatico che abbiamo visto non sono “patologie” e/o “deviazioni” di un sistema sano, cioè non si tratta di casi isolati o di incidenti di percorso, ma sono la manifestazione e la sintomologia di un capitalismo che ormai è arrivato al capolinea, e che da sempre ne contiene i germi e le premesse nella filosofia e nella concezione dell'uomo e della vita che sono al suo fondamento.
Pertanto appare altrettanto chiaro che la repressione non basta più. Ci vuole anche la prevenzione, che si realizza disarticolando i grandi gruppi bancari e separando le banche d'affari da quelle commerciali.
Dagli scandali di Wall Street e della City non si esce se resta solo una questione di polizia e ci si ferma al piano tecnico.
Scandali di questa portata con truffe così devastanti e sanzioni, condanne e multe di questa entità avrebbero dovuto avere sul piano reputazionale effetti disastrosi per le singole banche coinvolte. Invece nessuna conseguenza negativa si è registrata per qualcuna di esse, anzi i loro bilanci hanno ripreso a chiudere con utili da capogiro
Questo sta a significare innanzitutto che l'opinione pubblica non è più reattiva e sembra essersi ormai assuefatta ad ogni scandalo ed a qualsiasi reato e che i livelli di moralità e di eticità sono ormai bassissimi anche tra la gente comune.
Questo ci porta ad una considerazione conclusiva: lo sviluppo non è di per sé garantito da forze impersonali e automatiche ma necessita di persone che lo animino e lo organizzino vivendo nelle loro coscienze il richiamo del bene comune. Un fine che il mercato come entità inanimata non ha in sé.
Quello che occorre pertanto è il recupero: del rapporto fra etica ed economia, mirando evidentemente a ricucire lo strappo del legame dell'economia con le scienze morali, per un superamento della concezione dell'homo oeconomicus, fondata sulla presunta razionalità strumentale. Una razionalità a ben vedere paradossale visto che alla luce della dura lezione dei fatti è stata propria l'indifferenza etica al bene comune a generare la crisi e poi la povertà.

Riccardo Pedrizzi
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